“Come volevasi dimostrare: in concomitanza con le scadenze elettorali si ritorna a parlare di mercatini rom e dell’usato. E anche questa volta, purtroppo, non come un’opportunità d’inclusione sociale, ma come mero problema di ordine pubblico. In questo caso ad entrare nel mirino è il mercatino di Via della Vasca Navale, conosciuto da tanti in città, e più volte oggetto delle attenzioni di articoli apparsi sulla stampa: il rinnovo dell’attenzione ha prodotto automaticamente il fenomeno di porre fine all’esistenza di tale mercato”, ad affermarlo è Aleramo Virgili Portavoce della Rete ONU coordinamento regionale del Lazio che, insieme agli operatori dell’usato aderenti all’associazione di settore, ha avviato una riflessione sui mercati rom e dell’usato, sull’esigenza di sviluppare aree di libero scambio e sulla miopia che ha accompagnato gli interventi amministrativi su questi temi, che di seguito riportiamo.
Non che a noi il mercato di via della Vasca Navale piacesse così com’era, o come proverà a risorgere dalle proprie ceneri: è che quando entra in scena la questione dell’ordine pubblico, non si capisce perché, si sospende ogni ragionamento di ordine civico, e rimane inevasa la risposta al problema reale di permettere ai mercatini dell’usato in questa città di svolgere la loro funzione. Questa, vogliamo ribadirlo, è una funzione di inclusione e coesione sociale, di opportunità di reddito per soggetti deboli e svantaggiati, di sensibile riduzione di rifiuti da conferire in discarica e, in questo momento di drammatica crisi economica, di opportunità di acquisto a basso costo di un oggetto usato che può tornare, a tante persone, ancora utile.
Vogliamo fare un ragionamento in controtendenza, e provare a pensare in maniera sistemica la funzione del mercato dell’usato nella città di Roma. Ci concentriamo qui sulla fascia più debole e vulnerabile del settore dell’usato, quella non professionale per necessità, che vive accanto alle fasce professionali, del rigattiere, dell’artigiano, del negozio conto terzi, della bottega e dell’antiquariato.
Nel settore dell’usato è possibile trovare impiego per tutti coloro che hanno difficoltà a entrare nel mercato del lavoro e non dispongono dei necessari capitali per avviare altre imprese. E’ nella fascia più debole che trovano occasione d’impiego, seppur molto spesso informalmente, migranti, rom, ultracinquantenni disoccupati e anziani con pensione insufficiente, ex tossicodipendenti, ex detenuti, invalidi, soggetti a forte rischio di esclusione economica e sociale.
Il settore dell’usato è potenzialmente una buona opportunità anche per gli studenti che hanno bisogno di reddito e per artisti e artigiani che si cimentano nel riuso creativo degli scarti, ma anche per chi per semplice passione e voglia di stare assieme apprezza il clima di socialità che si respira nei mercati dell’usato entrandone a far parte esponendo oggetti e beni ritrovati nella cantina o nella soffitta di casa, di cui ha la necessità di disfarsi, ma che non vuole finiscano gettati in un cassonetto.
I mercati dell’usato sono divenuti inoltre uno dei principali luoghi d’incontro tra etnie, generazioni e classi sociali, e l’attività dei suoi operatori consente il recupero e la sopravvivenza della cultura materiale del nostro passato, facendo rivivere quegli oggetti che popolavano l’esistenza dei nostri genitori, nonni e bisnonni.
Grazie a quest’esercito pacifico ma agguerrito ogni anno decine di migliaia di tonnellate di beni post-consumo vengono restituite ad una seconda vita, fornendo una delle risposte più efficaci e concrete all’emergenza ambientale della nostra epoca rappresentata dall’ enorme produzione di rifiuti.
Come Rete ONU coordinamento del Lazio lamentiamo da anni il mancato rinnovo delle autorizzazioni e la progressiva chiusura degli spazi a disposizione dei mercatini rom e dell’usato, e in generale la mancanza di politiche volte a realizzare la valorizzazione a fini ecologici, e a fini d’inclusione sociale, dei mercati dell’usato.
Infatti dall’ultimo semestre della giunta Veltroni in poi abbiamo assistito ad una netta inversione di tendenza nell’atteggiamento degli amministratori locali nei confronti degli operatori del riutilizzo di fascia debole.
Malgrado gli accordi sottoscritti a livello cittadino ai tempi del trasferimento di Casilino 900 e le promesse di garanzia della continuità delle attività mercatali che questa comunità svolgeva legalmente da un decennio nel VII Municipio; malgrado le dichiarazioni dell’Assessore Belviso a “Repubblica” del 30/06/2009 : «bisogna trovare delle formule per andare incontro all’ esigenza dei rom di fare dei mercatini dove vendere la loro merce», in breve tempo si è arrivati alla chiusura di esperienze cooperativistiche tra i raccoglitori informali e gli operatori dei mercatini dell’usato rom in precedenza autorizzati in diversi Municipi. Un percorso di regolarizzazione che aveva consentito l’avvio di un percorso di emersione di migliaia di operatori informali e che aveva fatto della città di Roma un esempio di buona pratica per tutto il territorio nazionale.
Il settore dell’usato è un mondo estremamente interconnesso e la chiusura di spazi autorizzati dove poter rivendere gli oggetti recuperati da parte della comunità rom, ad esempio, ha prodotto la nascita di una miriade di mercati spontanei ed il crescere della pressione sui pochi spazi ancora aperti come è avvenuto fino a poco tempo fa al mercato domenicale di Porta Portese.
Già nel 2009, inviammo come Coordinamento regionale del Lazio degli operatori dell’usato, a tutte le amministrazioni municipali, provinciali e regionali, senza essere ascoltati, le nostre proposte per l’avvio di un percorso di emersione del settore a partire dalla selezione delle merci riusabili presso i centri di raccolta rifiuti al fine di prepararle al riutilizzo e venderle all’ingrosso agli operatori dell’usato e l’istituzione di aree di libero scambio autorizzate (come da anni con successo avviene a Torino) dove operatori non professionali dell’usato possono scambiare i loro beni così come ben espresso dalla Deliberazione della Giunta Comunale della Città di Torino: “Le aree di libero scambio, intese come zone dove i soggetti interessati possono vendere o procedere allo scambio non professionale di merci usate rispondendo alle esigenze di hobbisti o collezionisti, rappresentano una realtà in continua evoluzione e un’opportunità di potenziamento e valorizzazione dei sistemi locali di sviluppo”.
Quanto sopra trova riscontro anche nella legge 27 febbraio 2009 n. 13 che all’art 7-sexies prevede la regolamentazione, a fini ecologici, la rinascita e lo sviluppo in ambito locale dei mercati dell’usato, demandando agli enti locali l’individuazione degli spazi pubblici da adibirsi allo svolgimento periodico degli stessi.
Inoltre, il Consiglio Comunale della Città di Torino ha approvato in data 5 luglio 2010 una mozione, impegnando il Sindaco e la Giunta a voler avviare una sperimentazione di vendita diffusa degli “oggetti superflui”, sulla base della considerazione della presenza ingombrante nelle abitazioni di oggetti che non vengono più utilizzati, ma che – attraverso un’attività di vendita, di scambio o di cessione gratuita avulsa dai vincoli disciplinanti il commercio – possono incontrare il gradimento o rispondere ai bisogni di una rappresentanza significativa della popolazione.
Riteniamo che l’istituzione di aree di libero scambio sia una priorità non più rinviabile, perché:
1) rappresenta una risposta immediata sul terreno della coesione sociale, e sul contrasto alle nuove povertà, costituisce un passaggio di legittimazione efficace sia a rafforzare il legame sociale, sia a contrastare comportamenti devianti che facilmente trovano albergo oggi nella precarietà, quando non nell’assenza, del quadro autorizzativo;
2) è un forte vettore di riqualificazione urbana;
3) è lo strumento idoneo a soddisfare bisogni collettivi consentendo ai cittadini di porre in vendita o cedere gratuitamente beni superflui senza vincoli burocratici, nonché di valorizzazione a fini ecologici del mercato dell’usato, con riduzione dei costi di smaltimento e del quantitativo dei beni da smaltire.
Ci auguriamo che oggi, grazie anche alle nuove normative europee e italiane sul riutilizzo, i tempi siano finalmente maturi affinché le forze politiche che si candidano a governare, ai vari livelli, i nostri territori mettano in agenda il tema del riutilizzo tra i loro programmi a partire dal confronto con gli attori del riutilizzo e le loro rappresentanze, consentendo la piena valorizzazione dell’apporto ambientale, sociale e culturale del settore dell’usato, A PARTIRE DALL’ ISTITUZIONE ANCHE NELLA NOSTRA CITTA’ DI AREE DI LIBERO SCAMBIO AUTORIZZATE.
Rete O.N.U. (Rete Nazionale Operatori dell’Usato)
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