Officine Zero, via a riconversione con l’aiuto della Regione
ROMA/ COMINCIA IL LABORATORIO PER RICICLO E RIUSO. APPROVATA UNA MOZIONE
A poco meno di sei mesi dalla ri-occupazione e dalla nascita delle Officine Zero, dopo un anno e mezzo di lotta degli operai contro i licenziamenti e la dismissione dell’area, prende corpo il progetto di riconversione e autogestione delle officine ex-Rsi (già Wagon Lits) a Roma, zona Casalbertone. In pochissimo tempo diversi spazi sono stati sistemati con attenzione e sono partite attività di formazione, orientate alla produzione. La falegnameria, la tappezzeria, la carpenteria e la mensa oggi sono spazi rigenerati.
Da ieri, dopo i primi mesi di autoformazione, è partito il laboratorio di formazione e progettazione del centro di riuso e riciclo. Operai, artigiani, designer, operatori dell’usato insieme per immaginare una «produzione socialmente sostenibile». «Qua erano a lavoro tante competenze e saperi che rischiano di andare persi – spiega Peppe, tappezziere ed ex operaio delle officine – Io ho fatto prima l’artigiano e poi l’operaio qui, e qua vorrei continuare a lavorare perché ci sono spazi, macchinari e un progetto valido». Antonio Conti, portavoce della Rete degli operatori dell’usato e uno delle anime del progetto delle Officine Zero, spiega come «nel nostro paese siamo arretratissimi nel rigenerare, per esempio, elettrodomestici o nel salvare dalla discarica oggetti che potrebbero continuare ad avere una vita creando occupazione, non riempiendo poi le discariche e alimentando il commercio dell’usato in un momento di crisi». Una filiera produttiva che potrebbe essere attivata in poco tempo, spiega Antonio presentando un’idea di piano di sostenibilità economica e spiegando il senso di un processo «aperto e costruito collettivamente da ex operai, operatori dell’usato e artigiani, che sono tra coloro che più duramente stanno pagando la crisi economica».
Da qualche settimana alla Regione Lazio è stata approvata una mozione che impegna la giunta e il presidente Zingaretti ad approvare «misure in favore della tutela occupazionale e della riconversione delle Officine ex-Rsi». Alla presentazione del progetto è intervenuta Marta Bonafoni, consigliera regionale in prima fila nel sostegno agli occupanti e prima firmataria della mozione. Bonafoni ha rassicurato «sul nostro concreto impegno nel sostenere un progetto che è economicamente sostenibile e il cui piano di fattibilità risulta più che convincente». Ma per farlo serviranno risorse che la Regione Lazio vuole andare a prendere in Europa per rifinanziare una legge sull’altraeconomia e finanziando un nuovo provvedimento sulla riconversione ecologica. I soldi per far ripartire le Officine Zero potrebbero arrivare dai 19 milioni stanziati per potenziare la raccolta differenziata, inserendo le attività di recupero di oggetti ed elettrodomestici nella filiera dei rifiuti. «Ma per fare tutto ciò – sottolinea Bonafoni – dovremo convocare il curatore fallimentare che è al momento dispone almeno legalmente di questi spazi e dei macchinari che contengono e coinvolgere le altre istituzioni locali a cominciare da Roma Capitale». Sul fronte del Campidoglio, dove è stato depositato un ordine del giorno analogo a quello della Regione, il capogruppo di Sel Gianluca Peciola e il vicesindaco Luigi Nieri, hanno già manifestato la loro disponibilità a partecipare a un tavolo di confronto interistituzionale.
Ma le Officine Zero non sono solo artigiani e operai. Ad animare l’occupazione la nascita di uno spazio di coworking dove lavorano una ventina tra grafici, fotografi, giornalisti, architetti e videomaker: «Siamo tutti rigorosamente precari e questo progetto ci consente non solo di aver un posto dove lavorare, ma anche di organizzarci e cooperare». Tra le scrivanie dei coworker e i capannoni dove ancora si trovano i vagoni dei treni è nata poi Clap, acronimo che sta per Camere del Lavoro Autonomo e Precario, mentre nell’ex palazzina del direttore è nato un progetto di coabitazione studentesca animato da studenti dell’università la Sapienza.
di Valerio Renzi – Roma, 23 Novembre 2013
Fonte: Il manifesto