Guerra al rovistaggio, le multe non servono. Meglio creare aree di libero scambio
Rete O.N.U., la Rete Nazionale degli Operatori dell’Usato, mette in luce l’inutilità delle norme che sanzionano chi rovista nei cassonetti e propone soluzioni concrete
FRANCO BRIZZO
A Roma, come in molte altre città italiane, è diventato un problema non solo di decoro, ma di igiene. Tanto nel nuovo regolamento di polizia urbana presentato lo scorso 14 novembre dalla sindaca Virginia Raggi e approvato dalla Giunta capitolina, c’è una norma apposita contro il rovistaggio.
Complice la crisi con sacche di povertà sempre più consistenti e poco supportate dalle amministrazioni locali, è sempre più frequente assistere a scene di cassonetti della spazzatura presi d’assalto da chi cerca oggetti da utilizzare o rivendere, o addirittura cibo. Il più delle volte i contenitori della raccolta indifferenziata (ma non solo) vengono svuotati o addirittura rovesciati a terra. Il risultato sono strade e marciapiedi invasi dai rifiuti, spesso anche alimentari, con i conseguenti rischi per l’igiene e la salute pubblica.
MULTE CHE NON SARANNO MAI PAGATE
Ma in concreto, e senza cadere in distorsioni ideologiche, davvero sanzionare chi rovista è una soluzione? Secondo Alessandro Stillo, Presidente di Rete O.N.U., la Rete Nazionale degli Operatori dell’Usato, le cose non sono così semplici: «Le persone che rovistano normalmente hanno uno status di insolvibilità che rende inefficace qualsiasi sanzione pecuniaria». Ossia sanzionare chi di fatto non potrà mai pagare la sanzione non ha alcun senso, e soprattutto non farà da deterrente per impedire che il fenomeno continui.
Il rovistaggio, secondo Rete O.N.U. va superato coinvolgendo le persone in sistemi più strutturati e formalizzati “che tengano conto degli aspetti sociali, ambientali, sanitari e di decoro urbano”.
Secondo Rete ONU nella sola città di Roma esistono almeno 2000 operatori dell’usato informali che si approvvigionano mediante il rovistaggio nei contenitori stradali dei rifiuti indifferenziati: un sistema inefficiente che oltre che a generare problemi di decoro produce rischi sanitari, anche per gli stessi che concretamente mettono le mani nei rifiuti. Che sia un problema da affrontare è fuori discussione.
CREARE ECONOMIA CIRCOLARE SCONGIURANDO EMERGENZE SANITARIE
Il punto è non dimenticare che questo fenomeno è il primo anello di un’economia che consente a molte famiglie di sbarcare il lunario e che sottrae migliaia di tonnellate di rifiuti ogni anno allo smaltimento in discarica. Rete O.N.U. non ha dubbi: il rovistaggio può essere superato con efficacia solo strutturando delle filiere di preparazione per il riutilizzo dove i beni riutilizzabili vengano messi a disposizione di chi oggi rovista. E poi bisogna creare aree di libero scambio affinché questi beni possano essere rivenduti in un regime di piena regolarità e tracciabilità.
«Occorre una seria politica di emersione perché il bambino non venga gettato con l’acqua sporca – spiega Stillo – anche alla luce dei nuovi strumenti che la legge, e in particolare il pacchetto per l’economia circolare, mette a disposizione per la preparazione per il riutilizzo». Modelli da seguire, continua, ce ne sono: «C’è il modello torinese delle aree di libero scambio, recentemente riprodotto anche a Palermo, che consentirebbe di chiudere la filiera in piena regolarità».
LA PROPOSTA DI RETE O.N.U.
Sono soluzioni, oltretutto, perfettamente in linea con le proposte di legge sul riordino del settore del riutilizzo incardinate alla Camera dei Deputati lo scorso settembre. E per quanto riguarda il caso specifico di Roma, città in cui negli ultimi anni il fenomeno si è diffuso a macchia d’olio, Stillo propone una collaborazione: «Rete ONU si rende disponibile ad aprire un tavolo di confronto costruttivo con il Comune di Roma per studiare le soluzioni tecniche di cui la città ha bisogno per superare una volta per tutte il fenomeno del rovistaggio».
Fonte: La stampa – Tutto Green