Si dice riuso ma stiamo parlando del tradizionale usato che le nostre nonne e bisnonne scambiavano col vicinato come fosse la cosa più naturale al mondo.
Ciò che non immaginiamo è che nel corso del tempo l’usato abbia costituito un’ampia e variegata filiera con un mercato in espansione, nonostante la crisi economica generalizzata, in grado di garantire posti di lavoro, sviluppo locale, inclusione sociale e benefici ambientali sottraendo allo smaltimento tonnellate di materiale. Secondo uno studio di Mercatino srl e del Centro di ricerca Occhio del Riciclone nel solo 2012 ben 72 milioni di euro sono ritornati agli italiani (che mediamente ricavano dal loro usato circa il 50% del prezzo di vendita originario) e 1850 persone sono state impiegate nel solo circuito della vedita in conto terzi di Mercatino srl che ha movimentato 22mila tonnellate di materiale risparmiandone all’ecosistema 100mila di CO2 (fonte: alternativasostenibile.it).
Che questo della vendita dell’usato sia un settore economico molto ber caratterizzato e in espansione lo ha dimostrato anche la costituzione a Napoli, nel novembre del 2011, della Rete ONU, la prima associazione nazionale degli operatori dell’usato, spesso costretti ad operare nel sommerso, a cui può iscriversi ogni organizzazione particolarmente rappresentativa del settore. Realtà come ad esempio Mercatino srl e Mercatopoli, mercatini storici dell’usato come Porta Portese o il Balon, cooperative sociali che coniugano inclusione e lavoro nel recupero e nel riuso creativo con Rom ed emarginati, l’associazione Occhio del Riciclone e la napoletana Bidonville e tante altre che hanno avvertito la necessità di unirsi, soprattutto per ottenere la giusta affermazione della dignità del lavoro storico, culturale, sociale e ambientale che portiamo avanti, come afferma Augusto Lacala, presidente della Rete e di Bidonvillle che, con il suo decennale lavoro e i numeri raggiunti dalle sue Fiere del Baratto e dell’Usato, è ormai un punto di riferimento per tutto il sud Italia. Se però l’esperienza di Bidonville è storicamente basata sul baratto dell’usato tra i suoi iscritti, gli studi condotti da Occhio del Riciclone (in una Roma che ha una caratteristica cultura di mercatini dell’usato) sono la vera Bibbia per il settore: quando l’esperienza dell’associazione partì le bastò studiare per 7 mesi l’attività di recupero di Rom e Sinti per capire che ogni giorno potevano essere recuperati almeno 2 euro da ogni cassonetto. Non a caso riconoscere e organizzare la loro attività di raccolta informale entro la filiera e così renderla sicura, oltre che più facile, affinché non debbano rovistare in sporchi cassonetti stradali, sono pure obiettivi che la costituitasi Rete ONU si è proposta e che cerca ormai, vista la difficile collaborazione con gli enti locali, di perseguire lavorando a monte del problema, cioè a livello legislativo.
Ora, che il settore dell’usato interessi è stato dimostrato anche dal grande numero di “tweet” che l’intervento del Ministro dell’Ambiente Orlando ha suscitato recentemente ad Ecomondo dove si è discusso anche del riuso che sconta, appunto, un quadro normativo penalizzante a più livelli verso gli operatori del settore: dal mancato riconoscimento della virtuosità del circuito dell’usato (chi vende in conto terzi spesso deve poi smaltire la merce invenduta come una qualunque attività) alla mancanza dei decreti attuativi per l’art.180 bis del Codice Ambiente che ha recepito la “prepazione al riutilizzo” imposta dalla direttiva europea quale parte della strategia di prevenzione del rifiuto, fino alle leggi locali sui mercatini dell’usato.
Ad esempio per Napoli è proprio Augusto Lacala che ci racconta come in diverse municipalità (ad es. la II o la IV) questi decreti attuativi non siano permessi perché possono essere esposte senza la licenza d’ambulante solo le opere d’ingegno (scultura, pittura e musica).
Sono evidenti quindi le strozzature della filiera del riuso, sia al livello della distribuzione che a quello dell’intercettazione della materia da reimettere nel circuito poiché, ad esempio, proprio l’assenza di quei decreti e la rigidità dei dirigenti locali bloccano la diffusione delle riciclerie in cui conferire indumenti, libri, casalinghi e oggetti che buttereste, avviarli al riutilizzo tramite selezione, igienizzazione e riparazione per poi redistribuirli gratuitamente o attraverso il circuito commerciale di negozi e mercatini dell’usato, necessarie proprio ad alimentare un circuito che ha tutte le potenzialità per svilupparsi.
In Italia, come ci spiega Augusto Lacala, le realtà che operano nel riuso si sono già mosse su tutti i fronti in sofferenza: su quello legislativo, a monte, con la stesura di un completo articolato di legge da portare in parlamento, in collaborazione con gli ultimi ministri dell’ambiente, che risponda alle necessità del settore; su quello di una riorganizzazione della filiera, basata soprattutto sulla diffusione delle riciclerie grazie al ruolo attivo degli enti locali, tanto più importante quanto maggiore è l’instabilità e la complessità normativa. Infatti sono ancora poche le città, considerando tutto l’ideale territorio italiano, che stanno avviando la preparazione al riutilizzo accanto al riciclo nei propri centri di raccolta, mentre merita menzione il progetto bolognese “Secon Life” con un’area comunale interamente dedicata al riuso gratuito.
Per dimostrare l’efficacia del sistema per lo sviluppo di un’intera filiera e la sua autosufficienza economica (escluso il solo investimento pubblico o pubblico/privato in fase di avvio) è in corso una sperimentazione nei comuni di Vicenza e San Benedetto del Tronto del progetto Life+ “Prisca” finanziato dalla Comunità Europea e che con un anno di avvio è già in grado di mostrare i propri risultati in giro per l’Italia. Approfittando del bando “Life+” di quest’anno, Bidonville e altri soggetti sono in attesa dell’approvazione per l’anno prossimo di tre progetti che prevedono l’apertura di centri formativi sul riuso e informativi (sul piano legislativo e fiscale per chi intende operare nel settore) a Milano, Roma e Napoli, e della prima ricicleria campana nella città di Cava dei Tirreni ma non è esclusa la loro diffusione una volta emessi i decreti attuativi, o almeno la circolare chiarificatrice promessa, per fine mese, dal ministro Orlando ad Ecomondo. Non resta, quindi, che aspettare quest’appuntamento.
di Marilisa Belli
Fonte: mxpress.eu